Il Cinquecento a Ferrara 'eletta miglior mostra 2024'
Ludovico Mazzolino, Giovanni Battista
Benvenuti detto Ortolano, Benvenuto Tisi detto Garofalo e
Giovanni Luteri detto Dosso. Sono i protagonisti della mostra Il
Cinquecento a Ferrara visitabile fino al 16 febbraio a Palazzo
Diamanti che ripercorre le vicende artistiche del primo
Cinquecento a Ferrara e che è stata , giudicata come la miglior
mostra d'arte antica o moderna del 2024 in Italia secondo la
redazione di Finestre sull'Arte.
La mostra, a cura di Vittorio Sgarbi e Michele Danieli con la
direzione di
Pietro Di Natale, costituisce la seconda tappa di una più ampia
e ambiziosa indagine del tessuto culturale e artistico
intitolata Rinascimento a Ferrara 1471-1598: da Borso ad Alfonso
II d'Este, vale a dire la stagione compresa tra l'elevazione
della città a ducato e il suo passaggio dalla dinastia estense
al diretto controllo dello Stato Pontificio. Il primo capitolo,
Rinascimento a Ferrara. Ercole de' Roberti e Lorenzo Costa, era
stato in esposizione dal 18 febbraio al 19 giugno 2023.
Ora l'obiettivo è puntato sugli anni del passaggio di consegne
da Ercole I d'Este al figlio Alfonso I (1505) fino alla morte di
quest'ultimo (1534), committente raffinato e di grandi
ambizioni, capace di rinnovare gli spazi privati della corte
come quelli pubblici della città. La scomparsa della generazione
di Cosmè Tura, Francesco del Cossa ed Ercole de' Roberti aveva
lasciato Ferrara alle prese con la difficile sfida di un
ricambio di alto livello. Nel 1496 la scelta di ingaggiare
Boccaccio Boccaccino indica la volontà di adottare un linguaggio
più moderno, addolcito e morbido. All'inizio del nuovo secolo si
sviluppa così una nuova scuola, meno endemica e più aperta agli
scambi con altri centri, che ha come protagonisti appunto
Mazzolino, Ortolano, Garofalo e Dosso.
Garofalo e Dosso sono noti al pubblico e il loro percorso è
stato approfondito in maniera organica in diverse occasioni
espositive, ma per Mazzolino e Ortolano si tratta di un debutto
assoluto, interessante anche perché i due maestri percorrono
strade piuttosto diverse: Ludovico Mazzolino (Ferrara, c.
1480-1528), formatosi sui modelli di Ercole de' Roberti e del
primo Lorenzo Costa, orienta il suo linguaggio in senso
anticlassico, guardando alla pittura e alle incisioni tedesche,
da Martin Schongauer ad Albrecht Dürer. Nonostante dimostri di
conoscere Boccaccino e la pittura veneziana, come anche
Raffaello e la cultura antica, la sua arte è sempre animata da
accenti visionari e da una vitalità rumorosa che lo pone a buon
diritto tra gli "eccentrici" attivi nell'Italia settentrionale.
Si specializza in quadri d'impeccabile fattura destinati al
collezionismo privato raffiguranti scene gremite di personaggi
dai tratti fisionomici caricati, quasi grotteschi, del tutto
insofferenti agli ideali di grazia ed equilibrio predicati da
Perugino e dai suoi seguaci.
L'estro bizzarro di Mazzolino spicca con evidenza ancora
maggiore quando lo si confronta con l'atteggiamento di Giovanni
Battista Benvenuti detto Ortolano (Ferrara, c. 1487-post 1527),
caratterizzato invece da un naturalismo convinto e sincero. Dopo
l'esordio influenzato dai modi dolci di Boccaccino, Costa e
Francesco Francia, Ortolano si orienta dapprima verso la cultura
veneziana di Giorgione per poi avvicinarsi alle novità proposte
da Raffaello. Accanto alle grandi pale d'altare eseguite nel
terzo decennio, veri e propri capolavori connotati da un
"classicismo […] naturalizzato per via del lume illusionistico"
(Longhi), produce numerosi quadri destinati alla devozione
privata dove l'ispirazione raffaellesca si accende di
suggestioni venete, evidenti soprattutto nella resa del
paesaggio. Impossibile non rimanere incantati dalla spontaneità
con cui l'artista si approccia alla realtà: una luce chiara
isola i personaggi e indugia silenziosa sugli oggetti; nella
(apparente) semplicità delle composizioni si avverte il senso
dell'arcano.
Tra i riferimenti di Ortolano figura certamente Benvenuto Tisi
detto Garofalo (Ferrara, 1481 - 1559), principale interprete e
divulgatore ferrarese dello stile di Raffaello, di cui comprende
perfettamente la portata e di cui segue lo svolgimento con
diligenza. Parallelamente a Garofalo si muove Giovanni Luteri
detto Dosso (Tramuschio?, c. 1487-Ferrara, 1542), uno degli
artisti di punta della corte di Ferrara sotto i governi di
Alfonso I e di Ercole II, che nella giovinezza la sua pittura
risente dell'influenza di Giorgione e Tiziano, dai quali trae
una magnifica profondità di colore e una luce tutta veneziana, e
poi sviluppa uno stile personale, colto e divertito, grazie
anche a una particolare sintonia con Alfonso I.