Mediobanca pronta a bocciare l'offerta di scambio, Mps ancora giù
Mediobanca si prepara a bocciare l'offerta di scambio lanciata da Mps con il benestare del governo e l'appoggio di Delfin e del gruppo Caltagirone, azionisti forti a Siena, Milano e Trieste, sede di quelle Generali riconosciute come l'obiettivo finale della scalata a Piazzetta Cuccia. Ci sono pochi dubbi sul fatto che l'atteso cda presieduto da Renato Pagliaro valuti l'offerta del Monte inadeguata da un punto di vista finanziario e senza una condivisibile logica industriale con le perplessità emerse anche in Borsa. Dove il premio del 5% che le 2,3 azioni offerte da Mps esprimevano venerdì mattina si è trasformato in uno sconto dell'11,3% per effetto dell'andamento divergente dei due titoli. A Piazza Affari il Monte ha perso un altro 2%, a 6,36 euro, mentre Mediobanca ha difeso i rialzi di venerdì (+0,2% a 16,5 euro). A questo punto l'ops valorizza Mediobanca 12,19 miliardi, a fronte dei 13,75 miliardi che capitalizza in borsa Piazzetta Cuccia. All'appello mancano 1,56 miliardi che, se il gap non si richiuderà, i soci del Monte dovranno colmare con una maggior diluizione nel gruppo post-fusione o iniettando le risorse necessarie al rilancio. L'amministratore delegato di Mps, Luigi Lovaglio, ha difeso l'operazione come la "miglior business combination" per Siena, un'operazione "innovativa" con cui dar vita a "un nuovo campione nazionale, con due brand di eccellenza", forte del sostegno manifestato dal governo. "È la prima volta che un'operazione simile non produce esuberi", si congratula il segretario della Fabi, Lando Maria Sileoni. Ma sul mercato, dove si consumerà la battaglia, le opinioni sono divise. Tra gli analisti sono riemerse le perplessità su un'operazione che se, come riconosce Deutsche Bank, consente a Mps di "diversificare in qualche modo il suo profilo reddituale", solleva dubbi sul conseguimento dei 700 milioni di sinergie annunciate e paventa il pericolo di una perdita di ricavi e banchieri per Mediobanca. Mentre lo sconto in Borsa rende "sfidante" raccogliere il 'minimo sindacale' del 51% necessario per scalzare il cda e consolidare Mediobanca, così da permettere l'utilizzo accelerato delle Dta, il tesoretto con cui Lovaglio sta attraendo i soci di Piazzetta Cuccia. Le limitate sovrapposizioni tra le attività dei due istituti - banca retail Mps e banca d'investimento e wealth management Mediobanca -, i dubbi sulle sinergie, una diversa cultura aziendale, il rischio di perdere banchieri e gestori, sono alcuni dei rischi su cui potrebbe battere il consiglio e che Lovaglio cercherà di smussare negli incontri con il mercato che si appresta a fare. Quanto alla difesa, Mediobanca è convinta di potercela fare come ha sempre fatto, puntando sul sostegno del mercato. Gli investitori istituzionali rappresentano il 35% del capitale, a cui si aggiunge un 20% rappresentato dal patto di consultazione e da alcuni soci stabili, storicamente vicini al management di Piazzetta Cuccia. Prima che l'offerta arrivi sul mercato, a giugno-luglio, servirà del tempo: le autorizzazioni, inclusa quella della Bce, e l'ok dell'assemblea di Mps, nella quale Lovaglio si attende il sostegno del Mef (11,7%), Delfin (9,8%), Caltagirone (5%) e Anima (4%). Le grandi manovre in corso hanno fatto scattare anche Generali (+1,9% a 30,25 euro), vero obiettivo della sfida su Mediobanca, custode del 13,1% della compagnia triestina. Gli occhi sono puntati su Delfin e Caltagirone i cui rappresentanti in cda, al pari di quelli del Mef, hanno appoggiato l'ops. La holding della famiglia Del Vecchio può salire dal 9,8% fino al 19,9% del Leone mentre Caltagirone dal 6,9% fino al 9,9%. I due azionisti hanno criticato l'accordo nel risparmio gestito di Generali con Natixis, su cui ha acceso un faro anche il governo, e daranno battaglia in occasione del rinnovo del Cda, per il quale le speranze di una lista condivisa del Cda sono orami tramontate.