Il disco di Curci suona ma ha note di dolore e nostalgia
(di Francesco De Filippo)
ROBERTO CURCI, IL NOSTRO DISCO CHE
SUONA (Battello; 113 pp; euro 14)
Le undici grandi canzoni di successo dal 1965 al 1994 che
hanno segnato i ricordi e le emozioni degli italiani cadenzano
altrettante storie di quotidianità che hanno quasi tutte in
comune una morte violenta. Se all'epoca quelle hit facevano
rabbrividire il cuore, le brevi storie che a quei motivi sono
associate insieme con la nostalgia degli anni andati, il cuore
lo fanno sobbalzare. Ma non per un amore non corrisposto, per
spirito di ribellione postsessantottina o per il turbinio
sociale degli anni '70/'80 che si trasformava in rabbia e
violenza: i mielosi temi della canzone popolare italiana, quelli
più aspri e graffianti del rock inglese.
Roberto Curci non predilige né gli uni né gli altri:
attraversa quegli anni, quelle canzoni (con tanto di fotografia
della copertina dell'LP o del cantante) con un distaccato
dolore.
Chissà perché, tra le undici canzoni non c'è "Una rotonda sul
mare" di Fred Bongusto, un cui notissimo verso - il nostro disco
che suona - dà il titolo al libro.
Comunque, il dolore è quello di Valeria, semidrogata che
muore suicida, la cui vicenda si intreccia con Mother's little
helper tratta dall'LP Aftermath dei Rolling Stones, che parla
appunto di tranquillanti e del rischio di dipendenza che possono
causare. Il dolore è quello della quattordicenne violentata da
quattro uomini, associata a Il tempo se ne va di Adriano
Celentano. E penso a te di Lucio Battisti fa da colonna sonora a
un amore strambo ma sincero tra un vigilante notturno e la
commessa di un negozio di calzature, che muoiono in un
incredibile incidente stradale.
Curci non ci spiega se le storie sono vere o verosimili, ma
forse non cambierebbe granché saperlo: l'operazione è più
profonda e complessa di una semplice collezione, di un azzeccato
abbinamento. "La nuit viendra bientot" (Presto verrà la notte)
cantava in Kilimandjaro il non troppo noto Pascal Danel,
immortalato in copertina del 45 giri in camicia blu notte e in
una posa semplice come si faceva nel 1966, quando, appunto, uscì
la canzone. Ci si mostrava per come si era e non per come
vorremmo si pensasse di noi. Verrà la notte, presto, e chissà
cosa e chi troverà. Sicuramente non troverà Battisti, Herbert
Pagani, Sergio Endrigo, Luigi Tenco, Giorgio Gaber... ma ci
saranno, ormai quasi trasformati in highlander, Paul McCartney e
i (quasi tutti) Rolling Stones. Tutti in qualche modo immortali.