La Bambina con la Valigia, in un film la storia di Egea Haffner
Egea Haffner di Bolzano è "la bambina
con la valigia": immagine simbolo dell'esodo giuliano-dalmata e
del dramma delle foibe, cristallizzata in quella foto con il
vestitino a quadretti rosa e gialli, i calzini dal risvolto una
piccola valigia con la scritta "Esule giuliana". Il fotografo ha
fermato l'attimo il 6 luglio 1946, quando Egea Haffner aveva 4
anni e lasciava la sua terra, Pola, la casa e tutto ciò che
conosceva, per fuggire altrove. Quella famosa foto è stata
ripresa anche in una mostra del Museo della Guerra di Rovereto.
Egea ha oggi 84 anni e ricorda tutto, anche "l'odore dell'acqua
di colonia" di suo padre Kurt, "quando mi prendeva in braccio e
mi portava al rifugio" prima di sparire per sempre una mattina,
prelevato da casa di notte: verrà ucciso dai titini jugoslavi e
gettato nelle foibe. Un dramma che condannò la piccola Egea e i
suoi parenti alla fuga e all'esilio.
Ora la sua storia è diventata un film per Rai1, presentato
oggi al Circolo Rai di Tor di Quinto di Roma, che andrà in onda
il 10 febbraio in prima serata, per il Giorno del Ricordo, e su
RaiPlay. Diretto da Gianluca Mazzella, sceneggiato da Andrea
Porporati e prodotto da Rai Fiction e Clemart, il film si
intitola La bambina con la valigia, come il libro di cui è un
libero adattamento. Protagoniste, interpreti di Egea Haffner,
che oggi ha 84 anni e vive a Rovereto, nelle diverse età della
sua vita, le attrici Petra Bevilacqua (da bambina) e Sinéad
Thornhill. Sandra Ceccarelli è sua nonna, Sara Lazzaro la zia
Andrea Bosca il padre.
Egea è costretta a lasciare la sua terra e ad affrontare un
futuro incerto a Bolzano, accudita dalla nonna Maria e dalla zia
Ilse, che l'ama come una figlia. La sua vera mamma, Ersilia,
sceglie invece di trasferirsi in Sardegna per aprire un negozio
di parrucchiera ed emanciparsi dalla famiglia Haffner, dalla
quale non si è mai sentita accettata. A Bolzano Egea crescerà,
scoprendo sulla propria pelle il dramma dello sradicamento,
dell'esodo, che accomunò più di 250mila persone, delle comunità
italiane giuliano-dalmate e istriane, costrette a lasciare la
propria casa e a ricostruire un nuovo futuro.